Capitolo 1
di Franco Ghisalberti
Pasquale
Taraffo nasce a Genova, al
n°10 della via Fereggiano, il 14 novembre del 1887. Il
padre Giuseppe svolgeva l’attività di artigiano del ferro, la madre
Alfonsina faceva la casalinga. Pasquale aveva tre fratelli maschi,
Giovanni, Pietro e Rinaldo, ed una sorella, Maria. Giuseppe amava la musica e suonava la
chitarra, ai quei tempi molto diffusa tra la popolazione, anche
per il costo limitato ed il facile trasporto. Trasmise questa sua
passione a tutti i figli che comunque scelsero strumenti e specialità
diverse: Giovanni suonava la mandola, Pasquale la chitarra, Pietro si
dedicava sia alla chitarra che all’armonica a bocca, con vera maestria,
come testimoniato da due brani registrati nei cd. Rinaldo suonava
il violino e la chitarra mentre Maria si esercitava con il canto e da
parte sua la famiglia non la lasciava certo senza accompagnatori. |
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A quei tempi la musica popolare era
molto amata indifferentemente dal ceto sociale e praticata tanto a
livello strumentale quanto come canto solistico o corale. Nelle
città italiane pullulavano i teatri adatti ai vari tipi di spettacoli,
dall’opera lirica e l‘operetta (molto amate anche dal ceto medio)
alla prosa, dai concerti al varietà. Ovviamente non esistevano
cinema, radio, televisione ed i primi grammofoni per dischi a 78 giri
inizieranno a diffondersi solo negli anni Venti del 1900. Pasquale Taraffo già a nove anni veniva
richiesto per intrattenere ambienti diversi con la sua abilità
musicale, grazie al suo eccezionale talento di chitarrista.
Destava tra gli ascoltatori tanto successo che si interessarono a lui
anche due noti armatori genovesi, Prospero Lavarello e Stefano Censini,
che gli fecero da mecenati, provvedendo al suo sostentamento e
organizzando concerti, anche fuori Genova, per promuoverne la carriera. Nel corso del tempo Taraffo conserverà
per loro una profonda riconoscenza. Dedicò loro le composizioni
“Prospero” e “Stefania” e diede ai suoi unici due figli i loro
nomi, riconoscendo quindi l’importanza fondamentale che questi uomini
ebbero nella sua vita, d’uomo e d’artista. |
Ma l’Europa gli stava stretta e varcò l’oceano,
nonostante l’attaccamento alla sua città ed alla sua famiglia.
Partì quindi a settembre del 1925 sul piroscafo “Re Vittorio” per
Buenos Aires dove, solo e senza aiuti, conobbe uomini della stampa e di teatro, riuscendo così a
farsi ascoltare ed a trovare lavoro. In poco tempo i concerti non gli
mancarono suscitando l’entusiasmo sia del pubblico che della stampa.
Titoli entusiasti dell’epoca lo definiscono “superiore a tutti”, Cabe
Sutor (dal latino) o lo qualificano Erruption, Vulcan of
Technic. |
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Taraffo era un autodidatta della chitarra,
e di questo strumento in particolare era un maestro. Pare che
riuscisse a trovare accostamenti tonali straordinari, mentre
tecnicamente adattava il suo strumento per suonare fantasie d’opera così, ovunque si
esibisse, estro
e creatività catturavano le platee. Oltre che a Buenos Aires, Montevideo e
dintorni, quasi certamente suonò anche in Brasile da dove fece ritorno
a Buenos Aires nel 1926 col piroscafo ”Meduana“. Purtroppo la
documentazione di cui disponiamo non ci consente di trattare
l’argomento con la dovuta completezza. |
Aveva un carattere molto riservato, buono d’animo,
ascoltava bonariamente, incoraggiandoli, i chitarristi che gradivano
farsi ascoltare. Era molto taciturno, era un uomo mite che amava
molto la famiglia e la sua città. Questi sentimenti lo inducevano
ad effettuare tournée troppo brevi o prematuramente interrotte, quindi
non sufficientemente remunerative. Tornato dal primo viaggio in Sud America
trascorse un breve periodo in Italia tenendo vari concerti come solista
ma, ben presto, nel settembre 1926 vi tornò, appoggiandosi alla
“Agenzia Artistica di Amadeo Garesio”, che operava su tutto il
territorio del Sud America. Fece parte di questa tournée il
concerto del 24 settembre 1927 tenuto al Royal Theatre di Montevideo,
in Uruguay, che riscosse grande successo di pubblico e di stampa. Merita
una attenta riflessione il fatto che all’epoca non esistevano i
sistemi d’amplificazione odierni e, anche in un teatro di grandi
dimensioni, la qualità dell’ascolto era data principalmente dalla
potenza e dall’abilità del chitarrista. |
Trascorse quasi tutto il A dicembre attraversò nuovamente l‘Atlantico diretto negli Stati Uniti, prima tappa New York, dove s’intrattenne sino a maggio; questo fu per lui un periodo denso di attività e di grandi soddisfazioni. Esiste una ripresa cinematografica dell’epoca in cui, in un breve frammento, esegue un pezzetto della sua marcia “Stefania”; la visione di questo filmato è particolarmente raccomandata a chi desidera approfondire la conoscenza di questo grande artista. |
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Il 20
ed il 30 dicembre tenne due concerti al Gallo Theatre di New
York. Queste esibizioni rappresentano un’ulteriore significativa
tappa a testimonianza della bravura di questo musicista. Nella
locandina relativa, sono in programma sedici autori: da Grieg, Liszt,
Schubert a Tarrega, Albeniz, Sousa, oltre a Rossini, Bellini, Verdi,
Monti ecc; una scaletta molto varia che spaziava su generi differenti
tra loro, in ogni caso al di fuori dei normali programmi di musiche per
chitarra a sei corde. I giornali dell’epoca riportano che il
numeroso pubblico presente rimase completamente affascinato da questo
chitarrista e, cosa estremamente importante, erano presenti, tragli
spettatori, gruppi di personaggi italiani, corpi consolari e Stars of
the Metropolitan Opera, affluiti in occasione del secondo concerto,
grazie al successo del primo. Da questo concerto, contraddistinto dalla
presenza di cantanti del Metropolitan, solitamente impegnati
nella dinamica organizzativa di questo grande teatro che non lasciava
molti spazi liberi agli artisti, arrivarono a Taraffo riconoscimenti
veramente ragguardevoli che meritano qui un attento esame e
costituiscono una non comune certificazione, infatti: |
Dopo una
serie di concerti tenuti in quest’area, a fine maggio, si trasferì in
California dove, ancor prima del suo arrivo, era arrivata la sua fama.
Qui incontra il compatriota Guido Deiro, il più grande fisarmonicista
d’America che aveva conseguito il massimo del successo negli
spettacoli di varietà, accumulando un benessere tale da concedersi le
auto più belle, sontuose abitazioni ed uno yacht. I due divennero
amici e colleghi, cementando la loro amicizia anche con scambi di
cortesie come l’esecuzione da parte di Deiro del motivo “Prospero”
che poi entrambi avrebbero inciso, separatamente, col proprio strumento
su dischi “Columbia
(electric process)”. Tennero assieme una serie di concerti,
organizzati dallo stesso Deiro, riscuotendo grandi consensi di pubblico
riportati dalle testate locali. Taraffo lascerà |
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Il ritorno in
Italia lo vede ancora impegnato con i partner lasciati prima della
tournee statunitense. Stanco d’imprese solitarie, scoraggiato da
risultati economici non adeguati, desideroso di stare più vicino alla
propria famiglia, matura in lui l’idea di svolgere una attività meno
stressante ed entra così a far parte dell’orchestra del maestro
argentino Edoardo Bianco, insieme al compaesano e amico, il cantante
Mario Cappello. Con l’orchestra di Edoardo Bianco, che si
esibiva sul transatlantico “Conte Grande”, partecipa a tre crociere
nel Mediterraneo dalla metà di luglio alla metà di settembre
dell’anno 1933. Le sue esibizioni a bordo e nei vari porti
toccati dalla nave riscossero, come sempre, grande successo. |
Alla fine di quest’anno ritornò in Sud
America per una tournée; al ritorno passò da New York dove i suoi
ammiratori avevano organizzato un concerto con pranzo di festeggiamento
presso il Balilla’s Restaurant. Dopo soli cinque giorni, il 10
gennaio 1934 s’imbarcò sulla nave “Roma” per lasciare gli Stati
Uniti. Fu la sua ultima visita negli States. Per tutta la restante parte dell’anno e
inizio del 1935, lavorò ancora nell’orchestra di Edoardo Bianco,
tenendo concerti in tutta Europa e parte dell’Asia. Ai primi d’agosto del 1936, ritornò in
Argentina insieme a Mario Cappello con il quale partecipò a molti
concerti e trasmissioni radiofoniche presso “Radio Cultura” e
“Radio Fenix”. I due avrebbero dovuto continuare la
tournée attraverso tutti i Paesi dell’America Latina, ma Pasquale
Taraffo, per l’aggravarsi dell’ulcera gastrica che da tempo lo
perseguitava, venne ricoverato presso l’Ospedale Ramos Mejia
dove cessò di vivere alle ore 22,45 del 24 aprile Fu sepolto nel cimitero della Chacarita
da dove le sue spoglie non fecero più ritorno nella sua amata Genova. |
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Per tratteggiare il ritratto
dell’Artista nel modo migliore, riportiamo quanto scrisse di Lui
l’emerito Prof. Lazzaro Maria De Bernardis il 23 maggio |
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