Tullio Giulietti e Figli

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di Roger Belloni
Maggio, 2009
Revisione di Gregg Miner


Introduzione di Gregg Miner

Questa storia è un ennesimo, raro e meraviglioso scorcio sulla vita, la carriera e gli strumenti di alcuni esecutori e liutai di chitarre-arpa, oggi dimenticati. È resa possibile da una storia secondaria: l'amicizia dell'autore con l'ultimo membro superstite della "dinastia" dei Giulietti, una famiglia di liutai poco conosciuta, costituita da padre e due figli, i quali costruivano o suonavano le chitarre-arpa , svolto durante la lunga fioritura delle chitarre italiane "con bassi volanti".

I suoi figli Armando e Giulio divennero musicisti che seguirono le orme del loro padre Tullio: il primo, come costruttore di chitarre, e il secondo come chitarrista. Come era comune per i chitarristi italiani agli inizi del 20° secolo, gli strumenti con bassi volanti erano popolari e il clan dei Giulietti le abbracciarono, sia nel modello con il braccio cavo sia nelle varianti a tiorba.

Siamo riconoscenti a Roger Belloni per aver organizzato così meticolosamente la sua memoria e per aver condiviso le sue fotografie al fine di preservare e diffondere questa storia sulla chitarra-arpa finora ignota.
Tra le più interessanti rivelazioni per me sono state le seguenti:

  • Il progetto moderno, simile a quello Maccaferri, delle loro prime chitarre

  • Allo stesso modo le chitarre con unico braccio cavo, accordate sul sub-basso, ricordano quelle precedenti di Gazzo.

  • Il fatto che Tullio pare accordasse chitarra-arpa "classica" ad un solo braccio con corde di seta e acciaio (anziché budello)

  • La sfortunata mancanza di qualsiasi registrazioni di Tullio, e il fatto ancora più sfortunato che suo figlio Giulio in effetti abbia registrato su una chitarra-arpa, ma le copie si siano perse (e speriamo altri le possano ritrovare !)

  • La citazione da un critico musicale italiano che annota il disprezzo della chitarra arpa da parte degli "spagnoli" (Segovia, di nuovo!)

Vorrei anche ringraziare espressamente Marco Bazzotti, Antonello Saccu e Franco Ghisalberti per aver condiviso il loro materiale supplementare sui Giulietti.


Tullio Giulietti

Tullio Giulietti nacque a Roma nel 1873. Era un falegname con la passione per gli strumenti a corda in generale e la chitarra in particolare. Dato che nel 1893 fondò a Milano il suo laboratorio per la fabbricazione di strumenti musicali, si può ritenere che sia stato molto talentuoso, essendo autodidatta come liutaio e avendo appreso solo gli elementi di base dello studio della chitarra da un conoscente. In seguito studiò i metodi a disposizione all’epoca e poté sviluppare un tale repertorio che, dopo il suo esordio ufficiale come solista a circa 30 anni, divenne un liutaio e chitarrista concertista a tempo pieno. Il numero di artisti italiani del passato che hanno costruito i propri strumenti e presentato brani musicali da loro composti o arrangiati è sorprendentemente alto e sembra un tratto tipico di questo Paese. I concerti di Tullio ebbero un tale riscontro così buono da parte del pubblico che fu indotto ad avviare dei tour estesi, che iniziarono con un viaggio in Russia nel 1904 che lo ha portato fino a San Pietroburgo e incluse esibizioni sia in teatri di varietà che in più intimi e raffinati ambienti musicali. Dopo essersi trasferito a Londra nel 1908, dove lavorò costantemente per un po' di tempo, effettuò tournée in Spagna, Francia, Olanda, Svezia e Svizzera, rientrando in patria solo nel 1915, anno in cui fu dichiarata guerra tra Italia e Austria. In mezzo a tutte queste attività nacquero due figli: Armando a Roma nel 1903 e Giulio a Lugano, in Svizzera nel 1913.
Il primo doveva diventare un fine liutaio, professore di violoncello e solista, l’altro, dopo aver iniziato con il violino, avrebbe deciso di seguire le orme del padre, come chitarra concertista. Sebbene Tullio apparisse in teatri di varietà come molti dei suoi contemporanei, sembrava essere più orientato classicamente e infatti dette due concerti, nel 1920 e il 1923, al Conservatorio di Milano e presso l'Istituto per Ciechi, un luogo molto rispettato ove sia Llobet sia Segovia tennero concerti.

Tullio Giulietti è menzionato nel Diccionario de Guitarristas y Guitarreros di Domingo Prat, in entrambi le sezioni dei chitarristi e dei liutai. Prat aveva raccolto le sue informazioni da uno allievo di Tullio, che si trasferì a Buenos Aires.

 

Tullio Giulietti (1918 circa), con la sua chitarra arpa,
costruita con suo figlio Armando

Queste voci sono interessanti anche se limitate ed imprecise. Dopo un errore d'ortografia nel nome dell'informatore (Ermanno Brandazzi pare la versione più verosimile dell'impronunciabile versione di Prat) ha anche mal trascritto il nome proprio di Tullio e l’ubicazione del suo laboratorio (Crescenzago), inoltre le sua date di nascita e di morte sono sbagliate. Le due voci come chitarrista e come liutaio sono pure scambiate per errore. Si riporta (nella sezione dei liutai) che Tullio eseguì estese fantasie di sua propria composizione basate su temi operistici al pari di Taraffo, e (nella sezione dei chitarristi) che introdusse alcune, non meglio specificate, innovazioni nella costruzione della chitarra che "non sono prive di merito". L'unico concerto di cui è fatta menzionè è quello dell’aprile 1923 al Petite Casinò di San Remo. Come nota intrigante, Prat afferma che, sebbene sia stato un grande chitarrista e costruttore, Tullio è stato ancora maggiore come "bohemio" (versione spagnola del francese bohémien), ed era tenuto in grande stima in quanto tale! Questo ci fa intendere come il significato della parola nel '30 potesse essere più lusinghiero di quanto lo sia oggi. Se diamo credito alle voci del più oggettivo Dizionario dei chitarristi e liutai italiani di Benvenuto Terzi (Bologna, 1937) di qualche anno più tardi, semplicemente perché gli scrittori erano più vicini alle fonti, Tullio Giulietti morì il 1 ° aprile 1933 (fatto confermato dalla sua lapide, nota di M. Bazzotti).

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Tullio è sepolto a Milano al CImitero Maggio ( Piazzale Cimitero Maggiore), la tomba è collocata al "Reparto 34 Ossiario 1928 IV fila inferiore"


 

Armando Giulietti

Armando Giulietti nacque a Roma nel 1903. Iniziò a lavorare nel laboratorio del padre in giovane età e fu in grado di costruire interamente una chitarra fin dall'età di 16 anni. Divenne anche professore di violoncello, insegnando e effettuando esecuzioni come primo solista per lo più in produzioni operistiche. Molte storie riguardanti se stesso e suo padre mi sono state riferite personalmente, dopo che ci siamo conosciuti attraverso amici comuni nei primi Anni ‘70. La sua memoria rimase eccellente fino al suo ultimo anno di vita (1990) e i suoi aneddoti erano dettagliati e ricchi.

Per fare un esempio, ecco il motivo per cui non possediamo registrazioni della musica di Tullio (questa storia spiega anche il motivo per cui i membri di questa famiglia erano molto stimati, ma da maneggiare con le pinze poiché avevano una personalità affascinante ma quasi alla Django). Tullio era stato invitato per effettuare delle registrazioni per la prestigiosa etichetta Fonit Cetra, ma proprio mentre registrava il primo brano qualcuno chiuse una finestra e pertanto la matrice fu rovinata. Tullio pazientemente riprese la sua sessione, ma stavolta qualcuno sbatté una porta. A questo punto s’alzò in piedi esclamando "Ne ho è abbastanza, non ho bisogno di questa seccatura né dei vostri dischi" e infuriatosi uscì imperiosamente, privandoci per sempre di poter gettare uno sguardo nel suo mondo musicale!

A sinistra: Armando Giulietti con l'autore nel 1989


 

Chitarra-arpa di Giulietti

Entrambi i liutai costruirono strumenti conosciuti come " chitarre a bassi volanti". Verso la metà degli Anni 30 il chitarrista Primo Silvestri scrisse un articolo per la rivista "Il Plettro" spiegando che molti pezzi di musica classica e barocca non potevano essere eseguiti in modo efficace su una chitarra normale a sei corde. Ha portato come esempio il preludio di Bach per liuto (suonato in la minore, come faceva Maccaferri) consigliando l'uso di un Re diesis e di un Si nei bassi per dare più vita alla composizione, identificando il desiderio di "imitare gli spagnoli", come una delle ragioni per resistere all'uso di una estesa gamma bassa. Tullio suonava la chitarra con la quale è stato ritratto con corde di seta e acciaio. Lo strumento ed il ritratto risalgono al 1918 circa e l'insolita spalla mancante sagomata per aderire al ginocchio è una caratteristica che sembra renderla unica. Come sorpresa finale, Armando mi ha giurato che questo ritratto (l'originale è molto grande) sia un disegno a penna e inchiostro fatto da uno dei clienti soddisfatti di Tullio, lavorando su una fotografia. È difficile da credere, ma Armando era una persona meticolosa, precisa ed affidabile!

A destra: una chitarra-arpa tiorbata con 5-bassi costruita da Tullio per Monzino & Figli
nel Gennaio 1919, dall'apparenza moderna per una chitarra pre-Maccaferri!
Collezione di Antonello Saccu, foto grazie a Franco Ghisalberti

 


Firma di "Tullio Giulietti"

L'estensione sembra utilizzare due friction pegs e tre accordatori laterali

Giulio, figlio di Tullio, suonava uno strumento simile a quello del padre, costruito da Armando (probabilmente simile a quello della collezione Monzino), con cui incise dei 78 giri, alcuni dei quali ho avuto modo di vedere ma non di ascoltare. Negli anni del dopoguerra Armando si era concentrato quasi esclusivamente su chitarre sul modello Torres e gli fu assegnato il primo premio con la menzione d'onore più alta presso l'Accademia di Santa Cecilia per due strumenti di questo tipo, pertanto la chitarra a 9 corde costruita nel 1958 rappresenta una rarissima eccezione. Dopo tale riconoscimento Armando fu spesso giudice a concorsi di liuteria, in particolare a Terni accanto ad un altro grande costruttore, Gallinotti, ove il vincitore fu Carlo Raspagni, un altro liutaio con cui feci in seguito amicizia.

A sinistra: Un'altra chitarra-arpa a 7-corde con braccio cavo, questa costruita nel 1938 per Monzino & Figli.  GLi strumenti di Tullio e Armando erano venduti attraverso il negozio Monzino a Milano.

Sotto: Due annunci pubblicitari da riviste di chitarra (fornitew da Marco Bazzotti), e una lettera manoscritta di Armando su una nota all'autore


From l'Arte Chitarristica,1948
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Le mie chitarre Giulietti

Dopo l’incontro iniziale con Armando gli commissionai una chitarra folk che egli realizzò basandosi su un modello Guadagnini modificato. Suonai quello strumento in Inghilterra ed anche al Jazzland di Vienna, dove fui registrato da uno spettatore. Durante questo periodo si rivolse sempre a me come Signor Belloni e dandomi del lei, sempre caloroso e cordiale ma formale tenendo conto che aveva settant’anni ed io poco più di venti e portavo spesso camice indiane e sandali, per non parlare dei capelli!
Era noto per aver chiesto a visitatori maleducati o saputelli di andarsene e diceva spesso che avrebbe venduto una chitarra già terminata a chiunque ma non avrebbe accettato un’ordinazione da qualcuno che non gli andava a genio perché avrebbe dovuto rivederlo! Nella foto scattata da un mio amico il giorno della consegna del mio strumento si notano due ritratti sulla parete. Uno mostra Armando da giovane con il suo violoncello, l’altro un giovane soldato. Si tratta di un suo parente italo-americano che lo aveva aiutato a vendere parecchie chitarre ad Aneheim, ma fu poi tristemente ucciso in azione in Viet Nam.

 

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L´autore nel Laboratorio di Armando nel 1975

Durante la mia lunga permanenza negli Stati Uniti ho pensato spesso ad Armando e quando ho deciso che volevo una chitarra classica gli ho telefonato, felice di trovarlo ancora in vita, anche se non più attivo, e disposto a vendermi uno dei suoi ultimi strumenti che aveva finito nel 1983. La nostra ultima immagine insieme lo mostra anziano e fragile, la foto del soldato ancora sulla parete, ora vicino alla finestra, e la dedica sul retro dice “un ricordo”.


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Chitarra-arpa Giulietti a 9-corde dei tardi Anni Venti con un ponticello non originale

Le mie chitarre-arpa mi hanno raggiunto dopo la morte di Armando in modo curioso. Il 25 dicembre del 1990 ho sognato di acquisire un altro dei suoi strumenti. L'ho chiamato il giorno successivo impegnandomi a fargli visita per mostrargli una rivista con un articolo su di lui, di cui egli non era a conoscenza. Mi ha ringraziato e mi ha detto di dover andare a sdraiarsi perché si sentiva “leggermente indisposto”. Ho poi saputo che è morto solo quattro ore più tardi, mentre elencava al medico nel suo inimitabile modo tutti i suoi acciacchi ed i rimedi che aveva preso. Sono stata l'ultima persona al di fuori della famiglia a parlare con lui. Pochi anni dopo mi sono ristabilito nella mia città natale. Un giorno un mio studente mi ha parlato di "una di quelle chitarre con bassi volanti che desideri trovare" che aveva visto in un negozio di Milano. Si è rivelata essere una Giulietti fine anni ‘20, che era appena stata riparata. Ho memorizzato il numero del proprietario e l’ho acquistata da lui. Suo zio, un certo ragionier Catalano, aveva acquistato lo strumento nel negozio di Monzino nel centro di Milano da giovane e lo aveva suonato tutta la sua vita come solista e in un trio con violino e mandolino. Questa chitarra è in noce, con incatenatura stile Guadagnini che le conferisce un suono potente e un tono simile a una chitarra dell’800 ma più pieno. Ha il marchio Giulietti, ma non l'etichetta, quella visibile è di Felice Albertini, che ha effettuato alcune riparazioni negli anni ‘30 ed ha forse installato il ponte non originale. Dopo un po' di tempo ho iniziato a desiderare un'altra chitarra con quattro bassi volanti ed un suono più moderno per completare la mia piccola collezione. Stavo disegnando una storia a fumetti come regalo di Natale per i miei amici americani, e ho deciso di includere una scena in cui Armando personalmente mi consegnava la chitarra di noce. La mattina successiva, il liutaio Lucio Antonio Carbone, che effettua tutti i miei lavori di riparazione, mi ha chiamato informandomi che un cliente gli aveva lasciato una chitarra arpa Armando Giulietti del 1958 ereditata dal padre in cambio di una classica giapponese elettrificata a spalla mancante!

Lo strumento aveva numerose crepe dovute ad agenti atmosferici, la paletta extra (per i tre bassi) era stata rimossa e due buchi in alto a sinistra mostravano che era stata usata come elettrica. Una nuova paletta è stata fatta, convertendola nella 10-corde dei miei sogni! Esattamente un anno prima avevo quasi ordinato un simile strumento da un liutaio messicano, specificando di 10 a spalla mancante andando perfino da un concessionario a cercare abete rosso e legno di pero, perché Armando parlava bene di questa combinazione. Bene, questa è proprio una chitarra arpa con spalla mancante eseguita a doppia curva (una esecuzione magistrale) con cassa in pero. Esisteva già quando avevo sette anni e spesso andavo a un cinema di fronte al laboratorio Armando nel mio vecchio quartiere!

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Chitarra-arpa Armando Giulietti del 1958 a 9-corde, restaurata e modificata a 10 corde a richiesta dell´autore

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Note finali

Qualche tempo prima che acquistassi le chitarre-arpa, mentre ero ancora a San Diego, un giovane cliente entrò nel negozio di Lucio Carbone con due doni particolari. Uno era un vaso di "sangue di drago", una resina molto costosa utilizzata per le vernici, l'altro un lotto di diverse meccaniche in ottone cromato del tipo utilizzato da alcuni liutai italiani per le loro chitarre jazz. Il giovane riferì di averle ritrovate nella spazzatura di fronte al vecchio laboratorio di Giulietti. Sembra che dopo la scomparsa di Armando e della sua vedova, qualcuno abbia gettato nella spazzatura ciò che era rimasto di una vita di lavoro artistico, inclusi forse i modelli in legno (entrambi uomini lavoravano a mano libera), dei legni pregiati, almeno tre chitarre che Armando aveva finito, ma non montato, a causa del glaucoma, alcune rare fotografie, i 78 giri di Giulio Giulietti ed un modesto quaderno a quadretti contenente, nella bella grafia di Armando, l'elenco dei suoi strumenti del dopoguerra con i nomi e i numeri di telefono di tutti i loro proprietari originari.


SULL'AUTORE

Roger Belloni nato a Milano (Italia), ha iniziato la sua carriera professionale a Cambridge (UK) dove, dopo aver suonato in tutti i club locali, all'età di 19 anni è apparso al prestigioso Folk Festival. Ha poi gestito un suo club in Italia ed è stato in tournée in tutta Europa fino a quando, nel corso di un impegno al famoso Jazzland di Vienna (Austria), ha conosciuto il rinomato bluesman John Jackson, che lo ha invitato negli U.S. Roger ha suonato in numerosissimi club e festival ed alla radio e TV in U.S.A., Italia, Svizzera e Messico. Più in particolare, è stato selezionato dall’esperto di blues Steve La Vere (biografo di Robert Johnson) per aprire il primo Black Music Festival di San Diego e dal collezionista di dischi Lou Curtiss per tenere un workshop di chitarra con Sam Chatmon, fratellastro del leggendario Charlie Patton. Nei quasi 20 anni del suo soggiorno negli Stati Uniti, Roger è stato principalmente influenzato dal chitarrista Bill Bryant del North Carolina, allievo di Blind Boy Fuller, e si è anche avventurato nel linguaggio del jazz, suonando con musicisti del calibro di Jimmie Noone, Jr. e il grande sassofonista Eugene Porter (co-arrangiatore di Benny Carter).


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